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LEI È PARTE DI ME, MA NON SONO IO

La sedia a rotelle è un incredibile strumento di supporto per le persone che hanno difficoltà motorie. Rappresenta la libertà di movimento, permettendo loro di esplorare il mondo circostante. Tuttavia, è importante sottolineare che si tratta solo di un oggetto e non definisce l’identità di chi la utilizza.

La frase “lei è parte di me, ma non sono io” spiega il concetto che questa è solo un’estensione del corpo di una persona disabile. Molto semplicemente un ausilio per superare le barriere fisiche, ma ciò che conta davvero è la persona che si trova seduta su di essa.

Spesso in questi casi, si tende ad associare immediatamente lo strumento all’identità di chi ne fa uso, piuttosto che guardare oltre e vedere la persona per ciò che realmente è. Questo tipo di pensiero limitato può portare a stereotipi ed etichette che mettono in secondo piano l’individualità e l’unicità dei singoli.

La disabilità non definisce una persona. È solo uno degli aspetti che fanno parte di un individuo. Coloro che utilizzano una sedia a rotelle hanno i propri interessi, talenti, passioni e aspirazioni, proprio come chiunque altro. Hanno la capacità di provare gioia, amore, rabbia, tristezza e tutte le altre emozioni umane.

È importante che la società riconosca che l’identità di una persona con disabilità va oltre il mezzo di supporto. Invece di concentrarsi sulla sedia a rotelle, dovremmo concentrarci sulle persone, guardare oltre le loro disabilità fisiche e apprezzare le qualità individuali.

Promuovere l’inclusione e l’integrazione significa accettare le persone nella loro interezza, indipendentemente dal loro aspetto o dalle loro capacità fisiche. Significa vedere i disabili come individui e valorizzare le loro esperienze e prospettive. Solo allora potremo rompere gli stereotipi esistenti e favorire una società più inclusiva.

– Marcos Cappato